Rifiuto del lavoratore di vaccinarsi

La campagna vaccinale contro il COVID-19 è stata avviata e, superata la prima fase destinata dedicata agli operatori sanitari, il vaccino sarà via via disponibile anche per le altre fasce della popolazione. Potremmo arrivare a situazioni tali per cui, al fine di tutelare la sicurezza e la salute nell’ambiente di lavoro e per necessità dei clienti/committenti, il datore potrebbe chiedere espressamente ai propri dipendenti di vaccinarsi. Questa richiesta potrebbe determinare situazioni di incertezza nel datore di lavoro che si trovi a dover gestire un rifiuto da parte del proprio dipendente.

L’azienda non può imporre il vaccino in quanto, ai sensi dell’articolo 32 della Costituzione, “nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge”, pertanto è necessario fare un distinguo tra le motivazioni addotte dal datore per la richiesta di vaccinazione e, contestualmente, dal lavoratore per il proprio rifiuto.

Innanzitutto, la richiesta dell’esecuzione del vaccino come condizione per la ripresa dell’attività lavorativa potrà essere considerata legittima soltanto dopo aver verificato i seguenti fattori:

  • tipologia dell’attività svolta, ad esempio nei casi in cui l’attività lavorativa preveda uno stretto contatto con i pazienti (strutture sanitarie e RSA) o con i cibi.
  • persone frequentate dal lavoratore durante la prestazione lavorativa (colleghi e/o clienti), attraverso una interazione che non permette il rispetto del c.d. distanziamento sociale.
  • ambiente di lavoro che potrebbe non essere inidoneo al distanziamento minimo previsto per ridurre il rischio di contagio.

Rifiuto della vaccinazione

Qualora il lavoratore si rifiuti di vaccinarsi a causa di un motivo legittimo, ad esempio la presenza di una patologia incompatibile con la somministrazione del vaccino, di una allergia ai farmaci o dello stato di gravidanza, il datore dovrebbe inviare il lavoratore presso il medico competente al fine di verificare la compatibilità dell’attività lavorativa. Qualora il rifiuto alla vaccinazione sia supportato da una motivazione medico-scientifica e l’ostacolo all’assolvimento della prestazione lavorativa non sia imputabile al prestatore di lavoro, il datore dovrà trovare strade alternative che non siano di intralcio alla limitazione dei contagi:

  • verificare la possibilità che di svolgere l’attività in smart working;
  • spostare il lavoratore ad altre attività, compatibili con il rispetto del distanziamento e con la professionalità posseduta;
  • spostare il lavoratore ad altre mansioni, anche inferiori rispetto a quelle possedute, al fine di tutelare la sua salute;
  • trasferire il lavoratore ad un’altra unità produttiva o cantiere ove l’attività possa essere svolta nel rispetto del distanziamento;
  • sospendere il lavoratore dall’attività lavorativa.

Su quest’ultimo punto, si attende l’intervento del legislatore che potrebbe auspicabilmente assimilare i lavoratori impossibilitati a fare il vaccino ai lavoratori “fragili”, per i quali il periodo di assenza dal servizio è equiparato al ricovero ospedaliero.

Viceversa, qualora il diniego al vaccino, da parte del lavoratore, sia sostenuto da opinioni personali e non da evidenze medico-scientifiche, la sospensione dall’attività lavorativa e dalla retribuzione potrebbe essere la soluzione primaria, in quanto il datore di lavoro non è tenuto a conciliare le pretese personali del lavoratore, non siano supportate da evidenze medico-scientifiche, con l’esigenza aziendale di ridurre i contagi.

 

Lavoro Domestico – contributi 2021

Con la Circolare n. 9 del 25 gennaio l’INPS ha fornito le tabelle aggiornate per il calcolo dei contributi dovuti in relazione ai rapporti di lavoro domestico.

L’Ente ha confermato gli importi già in vigore nel 2020, mantenendo la differenziazione fra tre diverse fasce retributive e confermando soglia delle 24 ore settimanali come limite oltre il quale si ha diritto al pagamento di un importo contributivo ridotto.

A partire dalla competenza di gennaio 2021, i datori di lavoro domestico dovranno tuttavia sostenere un costo più alto in relazione al rapporto di colf e badanti, così come previsto dal contratto collettivo nazionale di riferimento che è stato rinnovato lo scorso ottobre.

In particolare, il nuovo CCNL ha programmato l’incremento dei minimi retributivi e l’introduzione di piccole indennità che devono essere riconosciute ai lavoratori:

  • che svolgano attività di babysitter a tutela di bimbi fino ai 6 anni;
  • che si occupino contemporaneamente di più di una persona non autosufficiente;
  • che siano in possesso della certificazione di qualità di cui alla norma tecnica UNI 11766:2019.

Da ultimo, il rinnovo del CCNL ha disposto l’obbligatorietà dei contributi da versare al Fondo Colf e ha raddoppiato l’importo dei contributi dovuti allo stesso. A partire dal 1° gennaio, dunque, sono tenuti al versamento di tali contributi tanto i datori di lavoro quanto i dipendenti, nella misura oraria di euro 0,06, di cui 0,02 a carico del lavoratore.

 

FSBA – regolarizzazione rimandata a gennaio 2022

Con comunicato stampa del 15 gennaio 2021, il Fondo di solidarietà bilaterale per l’artigianato (FSBA) ha reso noto di aver posticipato al gennaio 2022 il termine per iniziare a regolarizzare le posizioni contributive delle aziende artigiane.

In occasione dell’emergenza COVID-19, infatti, sono emerse situazioni di irregolarità che, inizialmente, non hanno consentito l’accesso agli ammortizzatori sociali istituiti dai decreti emergenziali e resi disponibili alle aziende artigiane.

In relazione a dette situazioni di irregolarità, a partire da aprile 2020, FSBA ha erogato ai dipendenti i trattamenti di integrazione salariale e ha contestualmente stabilito le modalità per la regolarizzazione dei datori di lavoro ancora inadempienti nei confronti del Fondo. Nello specifico, ha confermato l’obbligo di adempiere mensilmente al versamento dei nuovi contributi mensili e ha previsto il vincolo di procedere alla regolarizzazione dei contributi pregressi tramite pagamento rateale, da effettuarsi nell’arco di un triennio e senza penali o interessi, proprio a cominciare da gennaio 2021.

Assunzione donne – agevolazione Legge di Bilancio

La Legge n. 178/2020 (c.d. Legge di Bilancio) ha previsto, in via sperimentale, un potenziamento delle agevolazioni già esistenti volte a favorire l’assunzione di donne disoccupate. In particolare, il testo di legge prende le basi dall’incentivo introdotto a suo tempo dalla Legge Fornero, che già stabiliva una riduzione al 50% dei contributi a carico del datore di lavoro, a fronte della stipula di contratti a tempo determinato, e indeterminato, nonché di trasformazioni a tempo indeterminato di contratti già in essere.

Il nuovo testo prevede che detto esonero contributivo si applichi nella misura del 100% dei contributi a carico del datore di lavoro – nel limite massimo di 6.000 euro annui – in relazione alle sole assunzioni a tempo indeterminato e trasformazioni a tempo indeterminato effettuate tra il 1° gennaio 2021 e fino al 31 dicembre 2022.

Le destinatarie dell’agevolazione sono le seguenti:

  • donne con almeno cinquant’anni di età che siano disoccupate da oltre dodici mesi ovunque residenti;
  • donne di qualsiasi età residenti in una delle aree ammissibili ai finanziamenti nell’ambito dei fondi strutturali dell’Unione europea e prive di un impiego regolarmente retribuito da almeno sei mesi. Tra le aree individuate dalla carta degli aiuti a finalità regionale approvata dalla Commissione europea si ricordano Basilicata, Calabria, Campania, Puglia, Sicilia, Sardegna;
  • donne di qualsiasi età con una professione o di un settore economico caratterizzati da un’accentuata disparità occupazionale di genere (tra cui i settori agricoltura, costruzioni, trasporto e magazzinaggio);
  • donne di qualsiasi età, ovunque residenti e prive di un impiego regolarmente retribuito da almeno ventiquattro mesi.

L’efficacia dell’esonero è subordinata all’autorizzazione della Commissione europea. Una volta ottenuta l’autorizzazione il singolo richiedente dovrà rispettare specifiche le condizioni della Comunicazione e successive modifiche e integrazioni, tra cui:

  • non superare il limite massimo di 800.000 euro complessivi (per impresa e al lordo di qualsiasi imposta o altro onere) di aiuti concessi ai sensi della Commissione europea C(2020) 1863 final, del 19 marzo 2020;
  • tenere conto che l’incentivo non può essere concesso a imprese in difficoltà al 31 dicembre 2019 o che abbiano incontrato difficoltà o si siano trovate in una situazione di difficoltà successivamente, a seguito dell’epidemia da Covid-19.

Lavoratori fragili e in quarantena – le novità della Legge di Bilancio INPS

L’INPS, con il messaggio n. 171 del 15 gennaio 2021, fornisce indicazioni in materia di quarantena e di permanenza domiciliare fiduciaria per i lavoratori privati, nonché in riferimento ai lavoratori fragili.

A decorrere dal 1° gennaio 2021 è stato eliminato l’obbligo, per il medico curante, di indicare sul certificato di malattia gli estremi del provvedimento che ha dato origine alla quarantena con sorveglianza attiva o alla permanenza domiciliare fiduciaria con sorveglianza attiva.

Per i lavoratori dipendenti del settore privato e pubblico in condizione di particolare fragilità, la Legge n. 178/2020 (Legge di Bilancio) ha invece introdotto un nuovo periodo di tutela dal 1° gennaio al 28 febbraio 2021. Nello specifico, è stato precisato che per i soggetti in possesso del riconoscimento di disabilità con connotazione di gravità (art. 3, comma 3, della legge n. 104/1992) o in presenza di condizioni di rischio determinate da immunodepressione, esiti da patologie oncologiche o dallo svolgimento di relative terapie salvavita, debitamente certificate mediante riconoscimento di disabilità (art. 3, comma 1, della legge n. 104/1992), l’intero periodo di assenza dal servizio viene equiparato a degenza ospedaliera a fronte della presentazione del certificato di malattia.

Per questi lavoratori è stato anche prorogato, per lo stesso periodo, lo svolgimento della prestazione lavorativa in modalità agile, anche attraverso l’adibizione a diversa mansione ricompresa nella medesima categoria o area di inquadramento, come definite dai contratti collettivi vigenti, o lo svolgimento di specifiche attività di formazione professionale anche da remoto.

Sorveglianza sanitaria eccezionale – proroga al 31 marzo 2021

L’INAIL informa che le disposizioni sulla Sorveglianza sanitaria eccezionale di cui all’art. 83 del D.L 34/2020, convertito, con modificazioni, dalla l. 77/2020 sono state prorogate fino alla data di cessazione dello stato di emergenza epidemiologica e comunque non oltre il 31 marzo 2021.

Fino al 31 marzo 2021, pertanto, i datori di lavoro pubblici e privati che non sono tenuti alla nomina del medico competente ai sensi dell’art. 18 del D.Lgs. 81/2008 possono nominarne uno o fare richiesta all’INAIL per effettuare visite mediche per sorveglianza sanitaria dei lavoratori e delle lavoratrici fragili.

Le richieste, che devono essere presentate attraverso l’apposito servizio online continuano a essere trattate sulla base delle indicazioni operative illustrate nella circolare Inail n. 44/2020.

Legge di Bilancio – Agevolazioni contributive

Tra le previsioni della Legge di bilancio 2021 (L. 178/2020), rientrano anche indicazioni in merito ad alcune delle agevolazioni contributive cui i datori di lavoro possono far riferimento nel 2021 in materia di nuove assunzioni e trasformazioni a tempo indeterminato.

Assunzione giovani a tempo indeterminato

Il nuovo sgravio contributivo per le assunzioni e trasformazioni a tempo indeterminato di giovani introdotto dall’art. 1, c. 10 ricalca l’agevolazione, già strutturale, di cui alla L. 205/2017.

L’agevolazione prevede una decontribuzione del 50% per un periodo massimo di 36 mesi nei limiti di 6.000 euro annui ed è riconosciuta a fronte dell’assunzione a tempo indeterminato o la trasformazione a tempo indeterminato, avvenuta nel biennio 2021-2022, di soggetti che non abbiano compiuto i 36 anni di età.

Per le assunzioni effettuate in sedi o unità produttive site in Abruzzo, Molise, Campania, Basilicata, Sicilia, Puglia, Calabria e Sardegna, il legislatore prevede un periodo di fruizione più lungo, fino a 48 mesi.

L’accesso al beneficio è precluso ai datori di lavoro che nei 6 mesi precedenti o nei 9 mesi successivi abbiano proceduto a licenziamenti per giustificato motivo oggettivo e licenziamenti collettivi di lavoratori con la medesima qualifica.

 

Agevolazione per assunzione di donne disoccupate

Sempre per il biennio 2021-2022, la Legge di Bilancio 2021 incrementa fino al 100% l’aliquota di sgravio, prevista dalla L. 92/2012, fermo restando il limite massimo di 6.000 euro annui e la durata dello sgravio di 18 mesi complessivi

Tale sgravio spetta solo per le solo per assunzioni e trasformazioni a tempo indeterminato di donne prive di impiego regolarmente retribuito, che abbiano i seguenti requisiti:

  • donne over50, disoccupate da oltre dodici mesi;
  • donne di qualsiasi età, residenti in aree svantaggiate e prive di un impiego regolarmente retribuito da almeno sei mesi;
  • donne di qualsiasi età, con una professione o di un settore economico caratterizzati da un’accentuata disparità occupazionale di genere e prive di un impiego regolarmente retribuito da almeno sei mesi;
  • donne di qualsiasi età, ovunque residenti e prive di un impiego regolarmente retribuito da almeno ventiquattro mesi.

Al fine di poter accedere al beneficio, l’assunzione incentivata deve comportare un incremento occupazionale netto verificato mensilmente rispetto ai lavoratori mediamente occupati nei 12 mesi precedenti.

 

Assunzione di persone con disabilità – sospensione obblighi in costanza di ammortizzatori COVID

Con la Circolare n. 19 del 21 dicembre 2020 il Ministero del Lavoro ha chiarito che per tutte le imprese che fruiscono dei trattamenti di integrazione salariale in conseguenza dell’emergenza legata alla pandemia devono intendersi sospesi gli obblighi di assunzione di personale appartenente alle categorie protette di cui all’art. 3, c. 5, della legge n. 68 del 1999.

Tale sospensione era già prevista per le aziende in Cassa Integrazione Guadagni Ordinaria non COVID che non fossero in grado di adempiere all’obbligo di assunzione disabili, pertanto il Ministero del Lavoro ha ritenuto opportuno precisare l’equiparazione tra la situazione di emergenza pandemica alle altre ipotesi di ricorso alla Cassa Integrazione.

L’obbligo a carico del datore di lavoro di presentare la richiesta di avviamento ai servizi per collocamento mirato territorialmente competenti rimane sospeso per tutta la durata degli interventi di integrazione salariale per emergenza COVID – 19, in proporzione all’attività lavorativa effettivamente sospesa e al numero delle ore integrate nella circoscrizione provinciale in cui ha sede l’unità produttiva interessata in caso di Cig straordinaria e in deroga o alla quantità di orario ridotto in proporzione. Tale obbligo si intende ripristinato al venir meno della situazione di crisi assistita dagli strumenti integrativi previsti per l’emergenza Covid – 19.